Nel 1994 la mia amica Bianca Cerri, giornalista esperta in politica statunitense e attivista, ha risposto a un annuncio trovato su un giornale, a scriverlo era stato Rodney Rachal, un uomo nel braccio della morte di un carcere statunitense. Rodney cercava amici di penna e ha avuto la fortuna di trovare Bianca, con cui ha corrisposto fino a quando lei non è morta. Quella è stata la prima di una corrispondenza fittissima che Bianca ha intessuto non solo con lui, ma con altre decine di detenuti e detenute nel braccio della morte statunitense. Pochi giorni dopo il suo funerale, i fratelli mi hanno consegnato due sacche cariche di quelle lettere, una preziosa eredità fatta di testimonianze uniche, eccezionali, importanti.

Per prima cosa ho scritto a Rodney, rintracciando il suo indirizzo sul sito di un’associazione che mette in contatto i detenuti nelle carceri statunitensi con il mondo di fuori; avevo capito, sfogliando alcune delle carte di Bianca, che Rodney poteva essere ancora in vita, perché la sua condanna alla pena di morte era stata rivista e doveva trovarsi da qualche parte per scontare l’ergastolo. Poi ho deciso di chiedere a un gruppo di detenuti nella casa di reclusione di Orvieto di mettere in voce quelle lettere, quei racconti, quelle parole che in modo così crudo e preciso fotografano l’interno dei bracci della morte negli Stati Uniti. Per un intero autunno abbiamo parlato, provato, interpretato, grazie al supporto della regista teatrale Ludovica Andò e alla disponibilità di Paolo Maddonni, a capo dell’aerea educativa.

Accanto alla loro interpretazione, ho cucito le voci di esperti in tema di pena di morte e di persone che hanno conosciuto Bianca. Il risultato è questo audio documentario in quattro puntate, realizzato grazie a Next New Media, che ha sin dal principio creduto alla bontà di questo progetto e lo ha selezionato come vincitore di un concorso che aveva lanciato nel 2023 per proposte di podcast.

Le lettere originali, in accordo con la famiglia di Bianca, sono state consegnate all’Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano, che sta lavorando per metterle a disposizione di chiunque voglia consultarle.

Dopo avere trovato il penitenziario in cui dovrebbe essere ancora recluso Rodney, gli scrivo una lettera. Non so se arriverà a destinazione, se mai riceverò risposta. Alessandro, il fratello di Bianca mi racconta che Rodney Rachal è malato da tempo, ha l’Hiv ed è quasi del tutto cieco. Nel braccio della morte ogni cosa è diversa da fuori e dal resto del carcere. Anche il rapporto con la malattia cambia per sempre, il corpo dei condannati a morte diventa proprietà dello Stato che stabilisce come curarti e quando porre fine alla tua vita. 

“Gentile Signore, oggi secondo quanto disposto dall'art. 43.14 del Codice di procedura penale questa Corte ha stabilito che la sua esecuzione avverrà in data x. Non siamo in grado di specificare l'ora esatta ma tutto avverrà prima che faccia giorno”. Recita così il fax simile che viene consegnato ai detenuti del braccio della morte di un carcere texano, lo ritrovo tra le carte di Bianca accanto alla lettera di Freddie. “Ora – scrive - Ho una data anch’io. Se ci penso mi viene da ridere, e io che pensavo che la morte fosse ancora tanto lontana”. Negli ultimi 30 anni quasi 200 persone nel braccio della morte sono state riconosciute innocenti. Li chiamano “gli esonerati”, Herman Lindsey è uno di loro, ho trovato il suo nome dal sito di Witness to innocence, ci ha messo quindici anni a provare la sua innocenza.

Il 25 novembre 2020, Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, viene confermata l’esecuzione di Lisa Montgomery, da 16 anni nel braccio della morte. La sua è una storia terribile eppure molto simile a tante altre. Per lei migliaia di persone, associazioni e istituzioni tra cui anche l’Unione europea chiesero la clemenza al Presidente Donald Trump. Il suo caso ha scatenato proteste e dibattiti. Lisa verrà giustiziata l’11 gennaio 2021.

Il processo a Emerson Rudd, che Bianca considera quasi un figlio “adottivo”, dura appena 7 giorni e si conclude con la condanna alla pena capitale del diciottenne, all’epoca il più giovane condannato a morte di Dallas. Negli Stati Uniti la condanna a morte, mi racconta il professore di diritto pubblico Davide Galliani, è ancora “la più politica delle pene”. Nella sua lunga detenzione Emerson Rudd segnerà la storia del movimento dei detenuti nel braccio della morte. A lui Bianca ha dedicato queste parole: “a un uomo di valore ucciso dal boia in Texas, al mio amico e confidente Emerson Rudd, fondatore del movimento dei Pure, Panters United for Revolutionary Education”.



Cara Bianca è un audio documentario scritto da me e prodotto da Next New Media. Realizzato grazie a moltissime persone:

  • i detenuti della casa di reclusione di Orvieto (Dino, Gianluca, Massimiliano, Rachid, Luciano, Salvatore) e Paolo Maddonni, responsabile dell’area educativa

  • Ludovica Andò, regista teatrale e fondatrice di Sangue Giusto

  • Alessandro Cerri, il fratello di Bianca

  • Andreina e Bianca, che hanno prestato le loro voci alle detenute donne nel braccio della morte

  • Mauro e Ciro, che hanno interpretato alcuni personaggi del lavoro

  • Maria Grazia Guaschino, attivista contro la pena di morte del Comitato Paul Rougeau; Davide Galliani, Professore associato di diritto pubblico all’Università degli Studi di Milano; Herman Lindsey, ex condannato alla pena di morte e oggi membro di Winess to Innocence; Tricia Coscia, operatrice di Witness to Innocence

  • Matteo Portelli, che ha realizzato tutte le musiche che accompagnano il lavoro e che ha curato molti aspetti tecnici in fase di post produzione

  • L’Archivio dei diari di Pieve Santo Stefano, che si sta occupando di digitalizzare le lettere e metterle a disposizione del pubblico